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Buoni fruttiferi postali, ma è proprio vero che fanno guadagnare?

Pubblicato da
Marco Sparta

I buoni fruttiferi postali sono davvero vantaggiosi? Quanto fanno guadagnare a chi decide di investirci? La tabella degli interessi.

(Claudio Caridi ​- Adobe Stock

Il buono fruttifero postale è un prodotto che andava molto di moda negli anni ’80-’90. Il motivo risiedeva nel fatto che le somme che si decidevano di vincolare, grazie a vantaggiosi tassi di interesse, aumentavano considerevolmente in base al tempo.

Ad oggi, però, alcuni utenti avrebbero visto deluse le proprie aspettative. Andando a riscuotere, infatti, sarebbero rimasti dispiaciuti nell’apprendere che quanto maturato non corrispondesse a quanto invece attendevano. Ma perché?

Buoni fruttiferi postali, quali sono i tassi di interesse

(Getty Images)

Perché alcuni utenti sono rimasti delusi nel momento in cui sono andati a scambiare un buono fruttifero postale datato primi anni ’90? La spiegazione la fornisce la redazione di Investire Oggi.

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I buoni postali della serie Q del 1992 offrivano alti tassi di interesse. Non svincolando la somma fino al quinto anno, si parlava dell’8%. Dal sesto al decimo, il tasso saliva al 9%, fino ad un massimo del 12% dal ventunesimo al trentesimo anno.

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Su un buono di 100mila lire, sostanzialmente, al momento della scadenza l’utente può riscuotere 745,83 euro. Ma sugli interessi maturati, non bisogna dimenticare, che vanno corrisposte le imposte pari al 12,5% del totale. Quindi in conclusione, al netto, l’importo scende a 659,06 euro.

Le Poste, però – sottolinea Investire Oggi– operano un calcolo differente. L’imposta viene calcolata non alla data di scadenza, ma ogni anno come se il versamento avvenisse praticamente in itinere, una cosa che nella pratica però non avviene.

Considerato lo schema di interessi sopra riportati in uno al meccanismo operato dalle Poste, all’utente in via definitiva toccheranno solo 554,01 euro. Una bella differenza rispetto al calcolo effettuato andando a scorporare le imposte sugli interessi solo al momento di scambio. Ma come può operare in tale modo Poste Italiane? In forza di un D.M. del 1997, il quale prevede che gli interessi vengano appunto computati seguendo questo schema.

Il Tribunale di Bergamo con una sua recente pronuncia, però, si sarebbe espresso contro questo meccanismo dando ragione al ricorrente che lamentava di aver ottenuto molto meno di quanto si aspettava.

Marco Sparta

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