Settimana lavorativa corta: l’Italia è pronta? I pro e i contro della riforma

In Italia quasi nessuno parla della settimana lavorativa corta che, invece, potrebbe essere una grande novità per il Paese: noi di Bonifico Bancario abbiamo fatto un sondaggio. 

lavoro settimana corta
Lavoro in ufficio (Pixabay)

Perché in Italia in pochi sanno che cosa sia la settimana lavorativa corta e in altri Paesi del mondo molte aziende la stanno già sperimentando? E’ una domanda che sorge spontanea dal momento che nel 2022 ci si trova ancora ad avere differenze sostanziali a livello sociale, nonostante la globalizzazione sembra aver preso il sopravvento.

Eppure, la realtà è un’altra: siamo nell’era delle nuove tecnologie, dell’informazione a portata di mano ma il divario tra i vari paesi è sempre più consistente.

Settimana lavorativa corta, che cos’è e dove è stata approvata

settimana corta lavorativa
Uomo in ufficio (Pixabay)

Quando si parla di settimana lavorativa corta ci si riferisce ad una mole di lavoro concentrata su 4 giorni piuttosto che su 5. In molti paesi come il Belgio, la Spagna, Nuova Zelanda, Islanda e il Giappone è stata approvata la riforma e sono tanti i cittadini che stanno sperimentando un nuovo modo di lavorare.

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Secondo quanto si legge sui vari siti online le ore di lavoro restano le stesse ma saranno concentrate su meno giorni. L’obiettivo è quello di lasciare più tempo libero ai lavoratori che avrebbero una giornata in più a disposizione. E’ previsto un periodo di prova di circa sei mesi per scegliere definitivamente le modalità preferite. Il datore di lavoro potrà rifiutare la richiesta ma con un’accurata motivazione.

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Cosa pensano gli italiani

Anche la settimana lavorativa corta ha dei pro e dei contro. E’ quanto è emerso dalla nostra ricerca sul campo. Abbiamo chiesto ad una cerchia di persone con età compresa tra i venticinque e sessanta anni quale fosse la loro opinione al riguardo.

Dal sondaggio l’80% ha affermato di essere favorevole alla settimana lavorativa di 4 giorni e il restante 20% è contrario.

Un uomo di sessant’anni, CEO di un’azienda, contrario alla proposta ha spiegato: “A livello manageriale e collaborativo, vanno considerati i limiti che questa proposta può creare e come si diventi poco competitivi sul mercato: attualmente, lavorando dal lunedì al venerdì, si offre già un servizio parziale ai nostri partner, come ad esempio ai rivenditori del Nord Italia o alla GDO, presenti 7 su 7 ad orario continuato. La collaborazione con l’estero, è già di per sé più complicata per via di periodi di ferie che non corrispondono e per via del fuso orario; è impensabile proporre un giorno lavorativo in meno, potrebbe essere davvero disastroso”.

Anche una donna di quarantatré anni ha dichiarato che lavorare 10 ore al giorno è impensabile e deleterio, visto che per avere una giornata di riposo in più si andrebbero ad accumulare i compiti da portare a termine.

Tra i più giovani c’è chi è contrario alla proposta, una ragazza di ventisette anni ha affermato: “Di fronte ad una domanda di questo tipo, viene spontaneo rispondere favorevole. Valutiamo in prima battuta solamente i vantaggi di avere il venerdì libero, senza pensare alle conseguenze. – ha spiegato – Se analizziamo più a fondo la questione infatti, considerando il monte ore che resta invariato, accorciare la settimana a soli 4 giorni lavorativi, implicherebbe lavorare 10 ore al giorno e in tal caso la produttività giornaliera sarebbe certamente minore, la pressione fisica e psicologica senza dubbio maggiore”.

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I pro e i contro della riforma

La settimana corta lavorativa sotto vari aspetti sarebbe un punto di arrivo per gli italiani che da anni si ritrovano a lavorare più delle ore stabilite dal contratto e cinque giorni su sette.

La riforma, quindi, avrebbe dei pro che potrebbero essere:

  • Un giorno in più per il tempo libero da dedicare allo sport, ai propri hobby, alla cultura e a tanto altro;
  • una visione diversa del lavoro, visto fino ad oggi come unica priorità o quasi;
  • avere più tempo da dedicare alle proprie famiglie e di conseguenza, se si parla di genitori, incrementare il tasso di natalità che da anni caratterizza il nostro Paese.
  • diminuzione delle spese familiari come la richiesta di baby sitter, asilo nido ecc.

Ma i contro non sono da meno:

  • squilibrio tra i settori;
  • più mole di lavoro concentrata in pochi giorni che potrebbe portare ad un impatto negativo sulla gestione dello stress psicofisico del lavoratore;
  • aumento dei costi per le aziende per mantenere alta la produzione.

Inoltre la domanda che tutti si pongono è: l’Italia del 2022 è davvero pronta a fare un passo del genere? Una riforma di questo tipo dovrebbe essere accompagnata da una predisposizione culturale e da norme che diano valide informazioni sull’argomento così da rendere partecipi gli italiani al dibattito.

Ecco, dunque, che si ritorna al punto di partenza: come mai nel nostro Paese la settimana lavorativa corta rimane un tabù? Una tale manovra sarebbe fattibile dal momento che l’Italia resta uno degli Stati con un alto tasso di neet e assenteismo? A voi la risposta.

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