Congedo di maternità: come cambiano le regole INPS

Novità nella gestione burocratica del congedo di maternità flessibile: l’INPS ha deciso di lasciare la valutazione al datore di lavoro.

Congedo maternità cambiano regole
(Pexels)

Con la nuova circolare n. 106 del 29 settembre 2022, l’INPS ha cambiato le regole della gestione dei documenti del congedo di maternità flessibile. Lo scopo è quello di facilitare la procedura, snellendo il processo di trasmissione dei documenti ed eliminando inutili intermediari nella questione. Stando alle nuove regole, infatti, i documenti dovranno essere trasmessi solo al datore di lavoro e non più all’ente di previdenza sociale.

Nell’attestazione da consegnare al datore di lavoro dovrà esserci scritto che l’attività lavorativa può proseguire anche durante l’ottavo mese di gravidanza, senza rischio di causare danni al feto e alla madre. La nuova circolare, inoltre, illustra le nuove modalità per lavorare anche oltre il settimo mese di gestazione e poi andare in congedo parentale per i 5 mesi successivi alla nascita.

Congedo di maternità flessibile: come funziona la nuova gestione?

LE NOTIZIE IMPORTANTI DA NON PERDERE OGGI:

Sempre al fine di semplificare il processo, l’INPS ha deciso che non è più necessario trasmettere la dichiarazione del datore di lavoro sulla non obbligatorietà della presenza di un medico responsabile per la sorveglianza sanitaria sul posto di lavoro.

Il congedo di maternità flessibile, destinato a tutte le lavoratrici dipendenti di imprese private e a quelle iscritte alla gestione separata INPS, e le sue nuove modalità di gestione verranno applicate anche alle domande già presentate prima della delibera.

Stando a quanto richiesto, un medico del Sistema Sanitario Nazionale una figura professionale con esso convenzionata deve redigere una documentazione che attesti la mancanza di rischi per la salute della gestante. Con ciò si può decidere di lavorare anche oltre l’ottavo mese di gravidanza, per poi allungare i tempi di congedo dopo la nascita del bambino dai 3 mesi canonici fino a 5.

In conclusione, dunque, la valutazione delle condizioni lavorative della dipendente passa nelle mani di medici e datori di lavoro. Semplificando uno dei tanti iter burocratici all’italiana che necessitano di essere snelliti.

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