Governo Meloni: che fine farà il bonus in busta paga

Il 22 ottobre 2022 il nuovo Governo con a capo Giorgia Meloni ha prestato giuramento e già si trova a dover affrontare gravi deficit economici.

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(Foto Instagram)

Il nuovo Governo ha finalmente prestato giuramento e ora si prepara a prendere in mano le redini del Paese. In qualità di nuovo Presidente del consiglio, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni è già pronta ad affrontare la crisi economica che sta interessando l’Italia (e non solo) ormai da mesi. Di fronte alla crisi energetica, al caro-bollette e all’aumento generalizzato del costo della vita, infatti, il governo uscente ha stanziato milioni di euro sotto forma di bonus per i cittadini.

Tra questi figurava anche il bonus busta paga a cui, però, potremmo dover dire addio con il nuovo Governo. Il motivo? I fondi per finanziare manovre di questo tipo non ci sono. Tra le proposte avanzate da Draghi e condivise da Giorgia Meloni vi è ad esempio quella del taglio del cuneo fiscale, con un abbassamento delle imposte contributive del 2%.

Non ci sono fondi, che fine farà l’aumento di stipendio nel 2023?

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Tale manovra comporterebbe un aumento degli stipendi senza però andare a gravare sulle tasche dei datori di lavoro. Ma la domanda che si pone è sempre la stessa: dove prendere i fondi per attuare quanto proposto?

Il taglio del cuneo fiscale, stando alle stime degli esperti, verrebbe a costare all’incirca 4,5 miliardi di euro. A cui vanno sommati i 30 miliardi necessari per affrontare le misure di emergenza dovute a caro-bollette e crisi energetica. In quest’ottica, dunque, la prospettiva di un taglio sul bonus busta paga è sempre più realistica, poiché la nuova Legge di Bilancio potrebbe trovarsi sprovvista dei fondi necessari a portare avanti il proposito.

Nel caso in cui dovesse venir meno torneremmo a versare una aliquota del 9,19%, superiore di 2 punti percentuali rispetto a quella di 7,19% che stiamo versando in seguito alla manovra effettuata dal governo Draghi. Rincaro che potrebbe comportare, a partire da gennaio 2023, una riduzione media dello stipendio di circa 520 euro annui per gli stipendi lordi che si aggirano attorno ai 2mila euro al mese.

Un danno ulteriore potrebbe inoltre essere provocato a quanti si sono visti decurtare il cosiddetto bonus Renzi di 80 euro mensili, la cui soglia di assegnazione è scesa sotto i 15mila euro lordi annui.

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