Revenge porn, cosa rischia chi condivide materiale intimo: la pena

Reveng porn, attenzione a condividere o anche solo inviare materiale intimo: previsto il carcere e una multa salatissima

Reveng porn
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Nell’ultimo decennio circa il fenomeno del Revenge porn è purtroppo diventato conosciuto all’opinione pubblica, discusso e dibattuto per alcuni gravi effetti.

Le vittime principali di solito sono donne che vedono meteriale intimo diffuso pubblicamente sui social, a propria insaputa, senza consenso.

Gli effetti possono essere molto pericolosi, psichici e non. L’opinione pubblica italiana ricorda cercamente il caso della giovane Tiziana Cantone, morta suicida dopo che un video dove era in atteggiamenti intimi era stato diffuso sul web (per dovere di cronaca, specifichiamo che sul caso della Cantone sono in corso indagini della magistratura).

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Reveng porn, ferma la diffusione lo prevede la legge

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Quindi grossomodo tutti sappiamo di cosa stiamo parlando ma in pochi sanno quali sono i reali rischi ai quali si va incontro. A regolare e punire il Revenge porn, detto altrimenti condivisione non consensuale di materiale intimo, è l’articolo 612 ter del Codice penale. Per comprendere bene la materia e i rischi, bisogna innanzitutto chiarire di chi è la responsabilità nella dffusione di determinate foto e video.

La legge punisce chiunque le immagini o i vedeo dopo aver realizzato o sottratti li “invia, consegna, cede, pubblica“: è quindi punibile anche chi il video lo invia ad altre persone, contribuendo a diffonderlo ancora di più. Si rischia da uno a sei anni di reclusione e una multa da 5000 a 15000 euro.

Ma ci sono delle aggravanti previste dalla legge: se a compiere il fatto è il cogiuge, l’ex coniuge o chiunque fosse legato alla vittima; e se il fatto va a danno di una persona incapace di intendere e di volere o una donna incinta. Se uno dei due casi viene dimostrato, la pena può essere aumentata dal giudice da un terzo fino alla metà.

Infine è opportuno fare un’ulteriore specificazione, più linguistica che pratica. Revenge porn è l’espressione anglosassone per indicare la “vendetta pornografica”. Si dice così perché i primi casi sono avvenuti quando un partner, lasciato, per ‘vendicarsi’ diffonde materiale intimo della persona in questione. Ma la pornografia, attività legale, prevede il consenso della persona che appare in video o nell’immagine.

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Come abbiamo visto la legge punisce chiunque contribuisca a diffondere materiale pornografico che non è stato girato con il consenso. Dunque l’espressione “condivisione non ocnsensuale dei dati” vuole ricordare che anche se non c’è uno spirito di ‘vendetta’ e si vuole condividere solo per ‘diletto’, è comunque proibito. Si tratta di una pratica da evitare non solo perché lo dice la legge ma perché dovrebbe essere sbagliato anche da un punto di vista morale.

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