L’assurda tassa sull’urina: considerata come “oro giallo”

I governi hanno sempre trovato modi creativi per raccogliere denaro: qualcuno ha anche pensato di mettere la tassa sull’urina.

tassa urina
Wikimedia Commons

Tasse assurde nel corso della storia ne sono state istituite di ogni sorta: ancora oggi, ad esempio, in molti Paesi del Nord Europa vengono tassati i rutti delle mucche. Si tratta peraltro di un provvedimento che per quanto bizzarro è reso necessario dal fatto che i bovini sono ritenuti animali altamente inquinanti, producendo gas dannosi per l’ambiente. Sicuramente, ai giorni nostri, in pochi riterrebbero plausibile una tassa sulle urine, eppure c’è sempre qualche governo pronto a trovare modi creativi per fare cassa.

Perché è stata istituita la tassa sull’urina

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Per qualcuno, infatti, l’urina è stata considerata una sorta di oro giallo e se ci pensate bene, ancora oggi un certo modo forse un po’ desueto di chiamare i bagni pubblici deriva da colui che ha istituito la controversa tassa sulla nostra pipì. In ogni epoca storica, due sono state sempre le certezze del genere umano: la morte e le tasse. Non è solo un modo di dire: i governanti hanno sempre tassato qualunque cosa. Finestre, peli del viso e addirittura manici di scopa, sono tra gli elementi più curiosi oggetto di tassazione.

E poi ci sono le urine, appunto: si tratta di un provvedimento che venne preso da un imperatore romano che risponde al nome di Vespasiano. Forse non ci avete mai pensato, ma uno dei nomi in cui comunemente viene chiamato un orinatoio pubblico è proprio “vespasiano”. Ma in cosa consisteva questa tassa che all’epoca era in qualche modo ritenuta normale? Si tratta di un obolo che era dovuto all’Impero Romano e che riguardava il commercio di urina che si raccoglieva nei bagni pubblici.

Per gli Antichi Romani, infatti, l’urina veniva considerata una sorta di “oro giallo” poiché ricca di ammoniaca: all’epoca, era ritenuta preziosa per lavare i vestiti e persino sbiancare i denti. Insomma, l’igiene della persona dipendeva dall’urina e questa andava tassata. Una tassa che però non andava giù ai ricchi e anche il figlio dell’imperatore Vespasiano, Tito, se la prese col padre per quell’obolo ritenuto assurdo. Svetonio nelle Vite dei Cesari racconta anche di una disputa tra padre e figlio, con Vespasiano che fece odorare il denaro al figlio e gli chiese se puzzasse. A risposta negativa, l’imperatore sottolineò: “Eppure è derivato dall’urina”.

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