WhatsApp ti controlla da 13 anni: l’incredibile accusa

WhatsApp tiene sotto osservazione i propri utenti: le pesanti e gravi accuse arrivano dall’azienda concorrente

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È ovvio che tra i concorrenti nello stesso settore non ci sia buon sangue. Ma che da una parte arrivino accuse così pesanti, forse non è neanche immaginabile. WhatsApp è uno strumento che da 13 anni controlla i suoi utenti. Lo dice Pavel Durov, fondatore e Ceo di Telegram, con un lungo post.

Basta che si riceva un video malevolo oppure si avvii una videochiamata con WhatsApp e pirati informatici e hacker riescono ad ottenere l’accesso completo allo smartphone dell’utente.

WhatsApp è però sempre attenta alla sicurezza ma secondo Durov è tutto inutile. Nel suo lancio di accuse riassume la storia delle scoperte e delle correzioni di questo bug degli ultimi cinque anni. In pratica sostiene che succede dal 2017 e quando si pone rimedio, puntualmente dopo un anno si ripresenta. Sarebbe quindi inutile aggiornare la versione.

Non è certamente la prima volta che il Ceo di Telegram si è scagliato contro Facebook–Instagram e in particolare contro WhatsApp che con le altre grandi due app fa parte del gruppo Meta. Inoltre definisce falsa la promozione della privacy degli utenti.

WhatsApp che spia: cosa dice Durov

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Sostiene addirittura che Meta è obbligato a inserire bug di questo tipo, per assicurare l’accesso alle forze dell’ordine negli Stati Uniti e in altri paesi. Dunque non si tratterebbe di un caso o di un incidente di percorso ma di un vero e proprio “Backdoor impiantate”, porte d’accesso secondarie, lasciate volutamente spalancate. Quando una backdoor viene scoperta, dovrebbe essere rimossa, ha detto, ma in realtà se ne aggiunge un’altra. Parole che fanno venire in mente quelle che pronunciò già nel 2019 quando disse che WhatsApp non è un’app sicura.

Il rischio ci sarebbe anche quando l’app è installata e gli utenti non la utilizzano. C’è il potenziale pericolo di lasciare libero accesso a tutti i dati di tutte le app installate. Durov fa l’esempio dell’hack effettuato sullo smartphone di Jeff Bezos nel 2020, che sembra partito proprio dall’invio di un file malevolo su WhatsApp.

Il Ceo di Telegram ovviamente porta anche acqua al suo mulino quando assicura che con oltre 700 milioni di utenti attivi e ogni giorno oltre 2 milioni di nuovi utenti iscritti, la sua app non necessità di pubblicità.

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