“Cresce” i nostri figli per uno stipendio da fame: vergogna italiana

Una condizione che, a quanto pare, sta diventando sempre più insostenibile per una certa categoria di lavoratrici.

stipendio da fame figli
(Adobe)

Si tratta di una situazione che, di certo, sta facendo preoccupare una precisa categoria di lavoratrici che sta subendo un trattamento ritenuto non idoneo non solo dalla stessa, bensì anche da un preciso ente.

Al giorno d’oggi, infatti, lo sappiamo bene che i problemi a livello economico si stanno facendo sentire a dismisura anche per altri motivi, come, per esempio, il caro energia e palese innalzamento dei prezzi.

Insomma, una condizione, quella di numerosi italiani, già di per sé alquanto complicata e che sta necessariamente mettendo a dura prova il potere d’acquisto e il portafoglio della popolazione italica.

Tuttavia, secondo quanto viene riportato, di recente, il Sindacato generale di base ha deciso di mettercela tutta per combattere quella che viene letta come una sorta di ingiustizia che coinvolge le educatrici al nido.

Ma, vediamo, nelle prossime righe, di approfondire più nel dettaglio che cosa sta esattamente accadendo.

Ebbene, il già menzionato Sgb ha cominciato a porre l’attenzione su tale problema, esponendo, al di fuori della sede bolognese di via Zampieri, proprio le buste paga, ritenute, per così dire, ʻda fameʼ, che percepiscono le lavoratrici in questione.

Le buste paga ʻda fameʼ

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In effetti, come fanno sapere, lo stipendio netto attualmente sarebbe di non oltre 1.072,88 euro. Il sindacato, perciò, ha sottolineato che queste lavoratrici vengono inquadrate in qualità di assistenti all’infanzia che, in altre parole, corrisponde al livello D1.

Ciò, per l’appunto, non le permette di rientrare nella categoria di educatrici, cioè nel livello D2. Insomma, anche se le suddette possiedono i titoli richiesti, alla fine, di fatto, sono ancora sotto-inquadrate.

Comunque sia, sembra che nemmeno coloro che sono inquadrate nel livello esatto, in realtà, se la passino benissimo.

In questo senso, quindi, è stato fatto l’esempio di un’educatrice ai servizi educativo domiciliari che possiede un contratto part-time costituito al massimo da dieci ore alla settimana.

La stessa, però, pare che generalmente venga utilizzata in veste di sostituta in una struttura per minori. Così, le ore contrattuali, da quello che si evince, sono meno di quelle che farebbe in straordinario. Morale della favola? Il salario mensile non arriva nemmeno ai mille euro.

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