Buoni pasto, ottime notizie per chi lavora da casa

Ai lavoratori in smart working spetta il riconoscimento dei buoni pasto: entusiasmo da parte dell’Anseb (Associazione Nazionale Società Emettitrici Buoni Pasto).

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(StartupStockPhotos – Pixabay)

Lavorare da casa è solo uno degli aspetti della nuova normalità imposta dalla pandemia. Durante il lockdown numerosi i lavoratori che hanno lasciato gli uffici per svolgere le proprie mansioni all’interno della mura domestiche. Ma a cambiare sarebbe stato solo il luogo di lavoro, perché per il resto si sono continuate a seguire tutte le direttive contrattuali, compresi riconoscimenti di bonus, premi produzione, avanzamenti di carriera.

L’unico punto ad essere rimasto in ombra era la questione buoni pasto, che oggi ha finalmente trovato una soluzione. Ad esprimere massimo entusiasmo l’Anseb, Associazione Nazionale Società Emettitrici Buoni Pasto, che si è detta ampiamente soddisfatta per il chiarimento espresso dal Ministero del Lavoro di concerto ai sindacati.

Buoni pasto, vanno riconosciuti anche ai lavoratori in smart working

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(Junjira Konsang – Pixabay)

Attraverso un protocollo, riporta la redazione de Il Messaggero, è stato riconosciuto il diritto ai buoni pasto anche ai lavoratori in smart working. Un’ovvietà? Assolutamente no. Questi benefit, infatti, diversamente da altri erano rimasti posteggiati in una zona grigia ora finalmente illuminata.

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Come più volte ribadito dall’Anseb, l’art. 20 della l. N.81 del 2017 è da intendersi come una norma in forza della quale nessuna discriminazione relativamente ai benefit debba essere posta in essere tra lavoratori in presenza e quelli in smart working.

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E sul punto ha concordato il Ministero del Lavoro chiarendo al momento più opportuno la vicenda. Già perché adesso il settore privato – all’esito dell’accordo raggiunto tra parti sociali e Ministero del Lavoro- si starebbe affacciando al cosiddetto sistema ibrido potendo usufruire del lavoro agile anche quando cesserà lo stato d’emergenza.

In assenza di questo protocollo si sarebbe creata una situazione paradossale per cui quando il lavoratore era impiegato in presenza maturava beneficio, mentre quando era a casa no. L’associazione ha ribadito, dunque, scrive Il Messaggero, come sia fondamentale evitare qualsiasi forma di disincentivazione all’utilizzo di questa modalità di lavoro, riconoscendo a chi è in smart working gli stessi benefici dei lavoratori in presenza.

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