Assegno di accompagnamento, quando è previsto

L’assegno di accompagnamento non viene riconosciuto in automatico quando si ottine una pensione di invalidità

Assegno di accompagnamento
Assegno di accompagnamento (Foto Facebook)

Le leggi italiane che tutelano chi ha bisogno di aiuto perché le condizioni di salute non sono delle migliori sono varie e ricche di cavilli. Non basta infatti essere invalido, bisogna verificare bene il grado che si esprime in percentuale e di quale malattia stiamo parlando.

In base a ciò si stabilisce a quanto deve ammontare la pensione se viene assegnate, se ci sono maggiorazioni o altri benefici come ad esempio l’esenzione per i farmaci.

In alcuni casi si può lavorare, con un piccolo aiuto economico, in altri ci sono solo tante esenzioni fiscali. La legge più nota è la 104 del 1992 che va soprattutto incontro a i familiari del soggetto invalido con permessi su lavoro, sconti in bollette e tanto altro.

Uno degli aiuti più importanti per chi non è autonomo è l’indennità di accompagnamento che ogni mese prevede il versamento di 530 euro come prevede la legge 18/1980.

Il riconoscimento è previsto anche per chi soffre di malattie mentali e psichiatriche, ma devono esserci determinati requisiti. Il principale è che sia prolungata nel tempo.

Assegno di accompagnamento, il caso di rifiuto

LE NOTIZIE IMPORTANTI DA NON PERDERE OGGI:

È molto più facile determinare l’accopagnamento in caso di menomazione fisica rispetto ad aspetti psichici. Come riporta proiezionidiborsa.it. La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 15620 del 2021 si è pronunciata sul caso di un uomo titolare di pensione d’invalidità al quale hanno rifiutato l’accompagnamento.

Questa viene riconosciuta quando non sussitono le condizioni per realizzare autonomamente le quotidiane necessità fisiologiche e alimentari. Lo stesso vale per le cure, l’igiene e gli acquisti dei beni di prima necessità. In questo caso non si parla dunque della capacità di lavorare o meno.

Nel caso citato le difficoltà dell’uomo erano solo relative all’assunzione di farmaci, quindi alla cura di sé. La necessità non era quotidiana, ma solo quando c’era bisogno. Solo per nello svolgimento di questa “operazione” l’uomo aveva bisogno di sostegno.

La persona che ha presentato ricorso, dunque, non si è trovato nella posizione materiale di compiere ogni giorno tutti gli altri gesti ai fine della sopravvivenza. Per tale motivo la Corte di Cassazione ha negato il beneficio dell’accompagnamento.

 

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